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Bene.
Questo topic tirerà fuori il peggio di me.
Chiedo umilmente scusa per questo.
[AttaccoPipponeLungo]
Signore e signori della giuria, chiedo alla vostra pazienza di compiere un notevole sforzo quest'oggi, e consentirmi di intraprendere la mia difesa dell'imputato Orfeo dalle gravi accuse che gli vengono mosse partendo da una preliminare serie di definizioni.
Orfeo è, al di là di ogni ragionevole dubbio il Saint della Lira. Ne detiene le vestigia e il simbolo: prova incontrovertibile del fatto che egli è uno di coloro reputati degni di indossarle.
Ma cosa significa, in concreto, 'Saint'? Ebbene, riporto da fonte universalmente ritenuta attendibile, l'origine del termine nel nostro idioma:
CITAZIONE
Il termine in lingua inglese scelto da Kurumada per rappresentare l'ideogramma giapponese usato nel manga è saint ovverosia santo, parola scelta per un criterio di assonanza col nipponico seitoshi e non di correttezza. Nel primo adattamento italiano dell'anime si scelse invece di optare per il termine "cavaliere", più indicato di "santo" a rappresentare il sacro guerriero. Anche nell'immaginario collettivo (si pensi al ciclo dei racconti arturiani) i cavalieri medioevali erano guerrieri in armatura che combattevano per la giustizia, uomini votati agli ideali come i sacri guerrieri di Atena.
Appare quindi evidente che nessuna connotazione di virtù sovrannaturale è insita nella definizione di
'Saint', impropria approssimazione di
'Guerriero Consacrato'. E di ciò, signori e signore della Giuria, vi prego di tener conto.
Proseguendo nella nostra analisi, è certo, senza entrare in inutili sottigliezze sul concetto di 'consacrazione', che per poter assurgere a un tale status, è doveroso e implicito dover soddisfare
canoni di sacralità di volta in volta imposti dal culto, individuo o formazione religiosa in genere ai cui principi si viene, per l'appunto,
consacrati. Canoni che possono, e di fatto spesso sono, trasposti in simboli ben visibili sulla figura del Consacrato e nella sua condotta.
E tutti noi ben sappiamo che nell'ambito del mondo di Orfeo, simbolo supremo di tale consacrazione sono le
'Sacre Vestigia' della propria costellazione. Ma giunti a questo punto si arriverebbe a una misera tautologia, nient'affatto persuasiva per quanto probabilmente risolutiva ed efficace nella sua semplicità:
Si è Consacrati (ad Atena) in quanto si è in grado di indossare una delle Sacre Vestigia.Ebbene, è notorio nella storia quanti individui indegni nel loro concreto agire eppure formalmente 'consacrati' nei termini sopra indicati hanno ammorbato coi loro crimini la storia del Mondo Segreto. E sebbene in rarissimi casi le Sacre Vestigia abbiano abbandonato i palesemente indegni, ciò non sempre è avvenuto. Tutt'altro.
Non starò a citare i casi risaputi e vergognosi di Cavalieri d'Oro che si sono macchiati le mani e l'anima di gesta ben poco onorevoli e tanto meno confacenti al loro status, senza che per questo le loro Vestigia li abbandonassero.
Ciò che importa a questo punto è che evidente l'insufficienza della sola permanenza delle Vestigia a qualificare un uomo come Saint.
Residua, quindi, dell'originaria definizione di 'Consacrato', in pensiero e azione, unicamente il primo. Se l'azione, è notorio, è spesso errata e fallace, è evidente che la chiave della Consacrazione sta nel pensiero, nei sentimenti, nell'affezione agli ideali di cui ciò a cui ci si consacra è portatore: in una parola, in ciò che si potrebbe racchiudere nella parola Devozione.
CITAZIONE
Per devozione, in un contesto religioso o spirituale, si intende un forte sentimento di amore provato dall'essere umano verso Dio; si intende ovviamente un amore trascendentale. Pur trattandosi di un amore di tipo spirituale, non paragonabile ai legami terreni, può manifestarsi sul piano fisico con esperienze di tipo mistico o estatico.
Ebbene, signore e signori della giuria.
Potrei chiamare con facile sensazionalismo a testimoniare la Dea Atena. Ma risparmierò a Lei ed a voi questo ben misero spettacolo. Basterà rammentare quanto Atena sia in realtà, per sua stessa ammissione, Dea d'Amore ancor più che Giustizia.
L'Atena di Kurumada, lungi dall'essere impersonificazione sterile dei tre grandi principi su cui si fonda ogni razionale diritto (non ledere l'altro, dai a ciascuno il suo, vivi rettamente) è impregnata, circonfusa, costituita sin nel suo profondo essere da Compassione, Altruismo, Amore. La Giustizia è per lei funzionale ad esprimere il Suo sconfinato e indulgente amore per l'Umanità.
Ebbene, veniamo dunque al nostro Orfeo.
A lui, Consacrato alla Dea Atena. Dea la cui specchiata virtù rifulge nel suo essere ad un tempo Giustizia e Amore.
Statuito il fatto che Orfeo ha dalla sua l'elemento probante della permanenza delle Vestigia, è facile a questo punto dimostrare la perfetta corrispondenza fra la sua condotta e gli Ideali a cui è consacrato.
Orfeo ama la sua Euridice.
E' forse l'Amore un sentimento sconveniente per un consacrato ad Atena?
Certo non può esserlo: Ella in persona ama a tal punto l'Umanità da sacrificare se stessa per darle l'occasione di redimersi dai propri peccati; ama a tal punto l'Umanità al costo di tenere una condotta di fatto tremendamente dispendiosa e dissennata dal punto di vista strategico per i propri eserciti. Qualcuno oserebbe forse fargliene una colpa? E' la sua essenza.
E Orfeo ama. Forse erra nel suo oggetto d'amore. Forse avrebbe dovuto meglio indirizzare il proprio cuore all'amore dell'Umanità piuttosto che verso quello per una sua singola graziosa esponente. Ma quanti fra gli uomini sono in grado di compiere una simile impresa?
Orfeo ama. E quando la sua amata cade, egli quasi ad inconsapevole imitazione delle gesta future della sua Dea rischia la sua stessa vita in una missione pressoché folle, invocando da Hades in persona la vita della sua amata. Ancora una volta, una sorta di preludio delle suppliche rivolte dalla stessa Atena al suo oscuro avversario nel tentativo di distogliere dal mondo umano la sua collera.
Chi, avendo il potere e l'abilità di salvare anche una sola vita, potrebbe serbando umanità e purezza rinunciare all'occasione di farlo? Si può certo dire che una tale condotta è egoistica: ma quanto di questo egoismo allora contengono in sé le azioni di ogni madre protettiva nei confronti dei propri piccoli? Quanto ancora ne contengono quelle degli amici che si sacrificano per il bene l'uno dell'altro?
E una volta giunto agli Inferi, una volta ottenuta da Hades la vita di Euridice, cade in un crudele inganno. Ma non è lui a cadere vittima, non direttamente. E' la sua amata, la sua innocente e indifesa Euridice, peggio che morta dinanzi ai suoi occhi.
E allora, a questo punto, accanto all'indubbio Amore, Orfeo cade vittima anche della seconda parte della sua
devotio. Qual è il primo principio di 'giustizia' che mai si sia fatto largo nella mente dell'Uomo?
Occhio per occhio, dente per dente.
Una vita per una vita.
Ed Orfeo immola la sua vita, sin quasi all'ultimo, forse anche umanamente errando, ma esattamente nel modo in cui un consacrato alla Dea potrebbe e forse dovrebbe agire.
Se Euridice, per sua colpa, è costretta a trascorrere forse un'eternità agli Inferi, soggetta ai capricci degli oscuri servitori di Hades, allora Orfeo accetta il pesante contrappasso. Una vita, per una vita.
L'Amore di Orfeo, la Giustizia del suo atto.
Come un simile uomo potrebbe aver mancato nell'esemplificare con la sua stessa vita i principi che reggono l'azione della sua stessa Dea?
Quanto mostruoso doveva essere il suo tradimento ai suoi ideali ed alla sua anima per voltare le spalle a chi, incolpevole, era condannato per suo errore a languire nella pena eterna?
Chi ben comprende l'essenza intima di un Saint, ben comprenderà quanto non solo Orfeo non abbia tradito Atena col proprio comportamento: ma l'avrebbe totalmente e irrimediabilmente tradita nelle più profonde fibre del proprio essere abbandonando a un incerto destino Euridice.
Amor omnia vincit, signore e signori della Corte.
Grazie per la vostra attenzione.
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